Anche qui in oriente arrivano gli echi della campagna elettorale italiana, e della caterva di mirabolanti promesse a base di trippa che i vari candidati fanno agli elettori. Mentre ci chiediamo come pensano di far crescere l'Italia evitando di parlare di investimenti nella ricerca (forse con iniezioni di silicone nei punti strategici?) e che fine fará Alitalia (memori del fantasmagorico volo di andata ci chiediamo se almeno ci sará il ritorno) non possiamo fare a meno di confrontare i comizi italiani con quelli giapponesi.
Qui a Tokyo fare un comizio o una manifestazione sembra essere una cosa molto facile: basta munirsi di un microfono, un qualche tipo di stendardo, e mettersi a parlare. Durante i primi mesi della nostra permanenza ci accorgevamo che era venerdí perché, di fronte alla stazione di Futakotamagawa, si piazzava un signore che educatamente parlava, parlava, parlava e parlava, con la solerte moglie che gli reggeva un cartello con su scritto qualcosa e la folla educata che lo scansava non dandogli un minimo di retta.
Non abbiamo mai capito su cosa vertesse il suo discorso, ma quando non si é piú presentato ne abbiamo sentito la mancanza, oramai era diventato un rito, un po come il manga gratis il martedí a Shibuya!
Poi ci sono anche quelli con un po'piú di mezzi, che fanno le cose in grande, e attrezzano un camioncino con bandiere e altroparlanti, montano sul tetto e arringano le "folle" plaudenti... ci é capitato un paio di volte di vedere un tipo, probabilmente rappresentante di qualche gruppo di destra, come si arguiva dalle bandiere dell'esercito giapponese che sventolavano dal camioncino, parlare impettitto ed incazzato per delle ore.... lo trovavamo all'andata al centro commerciale, e poi al ritorno dopo un paio d'ore di shopping.
Risultato finale non molto diverso da quello del signore della stazione, comunque: eravamo gli unici a prestargli un minimo di attenzione, il resto della folla passava ignorando tranquillamente cotanto oratore.
Alla prossima!
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